I dieci libri più belli di sempre 1 - Cent'anni di solitudine
Che poi si sa, il bello è soggettivo. E anche l'emozione lo è. Dopo aver letto centinaia di libri è impossibile delimitare a dieci quelli che ho davvero amato, in realtà sono molti di più ma vorrei fare questo gioco con voi e sentire anche la vostra opinione, scoprire la vostra scelta. La classifica non è assolutamente in ordine di importanza, ma ho deciso di iniziare con "Cent'anni di solitudine"di G.G.Marquez : perchè è stato il primo libro che dovuto mollare e riprendere più volte nell'attesa che fossi pronta a leggerlo e a farlo mio, per tutte le immagini reali e surreali che ha suscitato in me, per il fervore con cui mi sono ostinata ad ordinare e a districare l'albero genealogico che lega i personaggi, per gli amori impossibili, per le figure quasi mitologiche, perchè a Macondo bisognerebbe vivere almeno un giorno della propria vita. Perchè l'incipit e l'explicit sono lezioni di storia della letteratura:
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.
Allora saltò oltre per precorrere le predizioni e appurare la data e le circostanze della sua morte. Tuttavia, prima di arrivare al verso finale, aveva già compreso che non sarebbe mai più uscito da quella stanza, perché era previsto che la città degli specchi (o degli specchietti) sarebbe stata spianata dal vento e bandita dalla memoria degli uomini nell'istante in cui Aureliano Babilonia avesse terminato di decifrare le pergamene, e che tutto quello che vi era scritto era irripetibile da sempre e per sempre, perché le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra.
Perchè in quegli uomini e in quelle donne che lottano, che cercano di cambiare in meglio la loro esistenza per poi soccombere al potere ci possiamo riconoscere tutti, non solo gli abitanti dell'America Latina che hanno vissuto le dittature.
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.
Allora saltò oltre per precorrere le predizioni e appurare la data e le circostanze della sua morte. Tuttavia, prima di arrivare al verso finale, aveva già compreso che non sarebbe mai più uscito da quella stanza, perché era previsto che la città degli specchi (o degli specchietti) sarebbe stata spianata dal vento e bandita dalla memoria degli uomini nell'istante in cui Aureliano Babilonia avesse terminato di decifrare le pergamene, e che tutto quello che vi era scritto era irripetibile da sempre e per sempre, perché le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra.
Perchè in quegli uomini e in quelle donne che lottano, che cercano di cambiare in meglio la loro esistenza per poi soccombere al potere ci possiamo riconoscere tutti, non solo gli abitanti dell'America Latina che hanno vissuto le dittature.
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