La poesia salva la vita - Giacomo Leopardi

E' una mattina di primavera. Le finestre aperte fanno entrare la luce del sole, se ci fosse silenzio si potrebbe sentire tanta vita arrivare dal parco che circonda la scuola, invece c'è solo il vociare chiassoso delle alunne. Poi entra il professore e sfoderando il suo miglior sorriso si siede sulla scrivania e attacca il monologo:
"Per capire chi fosse davvero Giacomo Leopardi dovete fare uno sforzo di immaginazione, pensare alla casa in cui è cresciuto, a chi lo ha allevato ed educato. A Recanati in casa dei conti Leopardi ci sono i ritratti dei suoi genitori, Montaldo e Adelaide, già da quelli si intuisce il loro carattere schivo, bigotto, la loro chiusura nei confronti di qualsiasi novità o cambiamento. Non può stupire allora che un ragazzo dall'ingegno così vivo e dalla curiosità così sviluppata per tutto ciò che era cultura si sia rifugiato per anni nella biblioteca paterna. Un luogo che conteneva ( e contiene tuttora) più di 20.000 volumi, alcuni antichi e preziosissimi, altri destinati a diventare famosi come l'Enciclopedie di Diderot e D'Alembert. Inizia qui il lungo cammino di studi di Giacomo, inventore di fiabe e racconti per i fratelli più piccoli, destinato a diventare filosofo, glottologo, filologo e naturalmente poeta di somma levatura. Immaginatevi un giovane che viaggia con la fantasia attraverso i trattati scientifici e i Grandi Classici e poi si ritrova a vivere in uno degli stati più retrogradi (quello Pontificio) con un padre reazionario e una madre troppo attenta ad evitare il fallimento della casata per prendersi cura dei figli, praticamente anaffettiva. Questo scatena in lui una fortissima reazione, un desiderio di fuggire che riuscirà a placare solo dopo molte sofferenze. Quando sentirete qualcuno ridurre la figura di Giacomo Leopardi a quella di un povero malformato depresso e senza speranza non fermatevi nemmeno a discutere. Vediamolo insieme chi è stato, cosa ha scritto, quante opere meravigliose ci ha lasciato."
Sono passati diciotto anni e ancora adesso a volte apro a caso il volume delle poesie di Leopardi che conservo da allora e inizio a leggere, trasportata dalla lirica e da quel sentire così unico, quello che fa grande ogni vero artista, la capacità di superare gli anni e i secoli per parlarci di noi, dell'animo umano che nei suoi tratti principali e nelle sue pulsioni è universale e rimane immutato.

« Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare. »

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