I dieci libri più belli di sempre 5 - Dubliners
Di questa serie di racconti mi è sempre piaciuto il titolo originale: perchè contiene la città, così come le storie che vi vengono narrate, nulla accade senza che Dublino faccia parte integrante della scena, altra grande protagonista simbolica e non solo cornice. E' qui che gli uomini e le donne della città, paralizzati dalle convenzioni sociali e religiose vivono le loro "epifanie", quei momenti in cui il personaggio ha una visione spirituale che gli permette di comprendere se stesso e la propria vita, accorgendosi della propria situazione e aspirando ala fuga, senza poterla realizzare mai. Quello che segna un distacco forte dalla letteratura inglese precedente è lo stile, attraverso le pagine noi sentiamo le voci dei Dubliners, non c'è più un narratore esterno ma un flusso di pensieri che si mostra a noi con tutta la sua forza e senza interferenza alcuna. Il Novecento senza Joyce e la Woolf non sarebbe stato lo stesso, lo stream of consciousness in letteratura ci ha regalato quello che ci ha regalato il Cubismo nell'arte, aprendoci le porte dell'infinito che chiamiamo animo umano.
Il racconto più bello a mio parere? L'ultimo, che è anche il più famoso, The Dead, con quella descrizione così intima e delicata della neve, dell'animo di una donna che ricorda di aver visto morire il ragazzo che l'amava in gioventù, dell'uomo che l'ha sposata e ora sente che le basi che credeva solide in realtà erano solo un fragile sostegno.
Un picchiettare sommesso sui vetri lo fece voltare verso la finestra: aveva ricominciato a nevicare. Osservò assonnato i fiocchi neri e argentei che cadevano obliqui contro il lampione. Era giunto il momento di mettersi in viaggio verso occidente. Sì, i giornali dicevano il vero: c'era neve dappertutto in Irlanda. Cadeva ovunque nella buia pianura centrale, sulle nude colline; cadeva soffice sulla palude di Allen e più a ovest sulle nere, tumultuose onde dello Shannon. Cadeva in ogni canto del cimitero deserto, lassù sulla collina dove era sepolto Michael Fury. S'ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle pietre tombali, sulle punte del cancello, sugli spogli roveti. E la sua anima gli svanì adagio adagio nel sonno mentre udiva lieve cadere la neve sull'universo, e cadere lieve come la discesa della loro estrema fine sui vivi e sui morti.
Quando ci facciamo catturare dalla paralisi c'è poca differenza tra l'esser morto davvero oppure no, si vive una vità a metà, di sopravvivenza e di costrizione morale. Ma qui, per l'unica volta in tutta la raccolta, uno spiraglio c'è, "è giunto il momento di mettersi in viaggio verso occidente", di riscoprire la vita, nonostante tutte le sofferenza e le delusioni.
Il racconto più bello a mio parere? L'ultimo, che è anche il più famoso, The Dead, con quella descrizione così intima e delicata della neve, dell'animo di una donna che ricorda di aver visto morire il ragazzo che l'amava in gioventù, dell'uomo che l'ha sposata e ora sente che le basi che credeva solide in realtà erano solo un fragile sostegno.
Un picchiettare sommesso sui vetri lo fece voltare verso la finestra: aveva ricominciato a nevicare. Osservò assonnato i fiocchi neri e argentei che cadevano obliqui contro il lampione. Era giunto il momento di mettersi in viaggio verso occidente. Sì, i giornali dicevano il vero: c'era neve dappertutto in Irlanda. Cadeva ovunque nella buia pianura centrale, sulle nude colline; cadeva soffice sulla palude di Allen e più a ovest sulle nere, tumultuose onde dello Shannon. Cadeva in ogni canto del cimitero deserto, lassù sulla collina dove era sepolto Michael Fury. S'ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle pietre tombali, sulle punte del cancello, sugli spogli roveti. E la sua anima gli svanì adagio adagio nel sonno mentre udiva lieve cadere la neve sull'universo, e cadere lieve come la discesa della loro estrema fine sui vivi e sui morti.
Quando ci facciamo catturare dalla paralisi c'è poca differenza tra l'esser morto davvero oppure no, si vive una vità a metà, di sopravvivenza e di costrizione morale. Ma qui, per l'unica volta in tutta la raccolta, uno spiraglio c'è, "è giunto il momento di mettersi in viaggio verso occidente", di riscoprire la vita, nonostante tutte le sofferenza e le delusioni.
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