La poesia salva la vita (e anche certi insegnanti di lettere)

I professori delle medie mi erano sempre sembrati quasi degli zii, certo rispettavamo la loro autorità ma con noi non mantenevano quel distacco che avrei conosciuto alle superiori, ci facevano ancora sentire protetti come in una famiglia. Lui no. Lui è arrivato un giorno come supplente e ci ha cambiato per sempre, coi suoi ventiquattro anni e il suo entusiasmo per l'insegnamento. Ci ha sfidato dandoci da leggere "Il rosso e il nero di Stendhal", spiegandoci i paradossi di Zenone, dandoci per compito quello di ampliare il nostro vocabolario con più termini, perchè la lingua italiana è meravigliosa e non serve dire "molto triste" quando puoi dire "affranto", né "molto stanco" quando puoi dire "esausto". Lui mi ha fatto leggere per la prima volta Dante Alighieri e mi ha fatto rivivere l'Odissea, lo adoravo. Poi mi ha imposto Montale. Sapeva che lo trovavo ostico, poco digeribile e me lo ha chiesto perfino all'esame di terza, accidenti a lui, mentre mi interrogava lo vedevo che sotto sotto se la rideva per avermi tirato quello scherzetto. E io che non capivo cosa ci trovava in quel poeta che mi sembrava così lontano da me e dai miei quattordici anni. Poi sono passati gli anni e un altro straordinario professore di lettere mi ha permesso di approfondire la poesia di questo grande ligure, i tempi principali, come la condizione umana, l'incapacità del poeta di essere datore di risposte o di certezze, la ricerca della verità. Ora non mi vergogno di dire che se non avessi  incontrato questi due professori (del secondo riparlerò molto presto) sarei stata un'alunna e una persona diversa e forse mi sarei persa il senso più profondo di questa poesia che Montale ci ha regalato, pietra preziosa da incastonare fra le poesie più belle della nostra letteratura:


"Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora si intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia."

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