I dieci libri più belli di sempre 3 - La saga dei Malaussène
Quella che inizia con "Il paradiso degli orchi" e termina con "La passione secondo Thérèse" è la storia della famiglia più inverosimile e bizzarra che io abbia mai letto. Una famiglia a cui mi sono affezionata: fosse per me li avrei adottati tutti, a partire dal capofamiglia, quel Benjamin Malaussène che di mestiere si ritrova a fare il capro espiatorio fino al cane Julius, epilettico e preveggente. Non che una madre non ci sia, c'è eccome, però è specializzata nel mettere al mondo bambini a cui da un certo punto in avanti vengono appioppati nomi assurdi (l'ultima sarà Verdun e non farà certo disonore al suo nome) e in fughe romantiche con amanti inaffidabili. Benjamin nel corso degli anni e dei romanzi si trova sempre coinvolto per puro caso in crimini assurdi da cui il commissario Rabdomant ogni volta lo deve salvare col suo intuito ed il suo affetto. Le sue sorelle Louna, Clara e Thérese sono diverse una dall'altra come pianeti distanti, la prima è profondamente insicura, la seconda è la preferita, bella e sensibile fotografa, la terza è rigida e introversa ma rivelerà un carattere di ferro e un'esplosione di cratività. Poi c'è la generazione dei piccoli, Jérémy che a undici anni ha già una consolidata carriera di teppista a scuola e il Piccolo, che sogna e disegna orchi. Al centro c'è sempre un giallo da risolvere soprattutto per garantire l'incolumità del capofamiglia, sempre alle prese col suo ruolo da cui la vita sembra non volerlo più liberare. Intorno alla famiglia il quartiere parigino di Belleville, gli amici musulmani, una vita che pulsa nonostante il "progresso" prema sulla città per snaturarla e renderla uguale a tante altre, più grattacieli e meno anima.
Quando mi sembra che la vita diventi troppo pressante e che stiano succedendo troppe cose troppo in fretta riprendo la lettura di tutta la saga, torno a Parigi, abbraccio i piccoli e mi faccio cullare dalla voce vellutata di Clara, rileggo Julie che quando si inammora di Benjamin gli fa questa dichiarazione: "Anch'io ti voglio. Come porta-aerei, Benjamin. Vuoi essere la mia porta-aerei? Verrò a posarmi di tanto in tanto, per rifare il pieno di sensazioni."
Osservo Thérèse stenografare i grandi classici della letteratura impassibile di fronte al male che può solo sfiorare i suoi cari. Mi perdo nella scrittura di Pennac, nelle sue invenzioni linguistiche, nei suoi giochi di parole, nelle battute folgoranti. Un romanzo scritto così non lo leggi, lo vivi. E poi non vorresti uscirne mai più.
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