Andare o restare?

C'è chi sostiene che questo sia il momento migliore per lasciare l'Italia e cercare fortuna lontano, molto lontano. Studiando il portoghese ho avuto modo di incontrare persone che credono, per esempio, nelle potenzialità economiche del Brasile e quindi si preparano a partire, carichi di ottimismo e di fiducia nel futuro.
Mio nonno faceva il minatore. Quando le miniere della Calabria smisero di essere produttive andò in Svizzera e in Belgio. Stava lontano da casa e dalla famiglia per stagioni intere.
Mi chiedo se davvero come popolo siamo pronti a tornare emigranti. Certo ora abbiamo più cultura, cerchiamo lavori più nobili e poi c'è la tecnologia che ci fa sentire tutti più vicini, rendendoci invece insensibili alla lontananza degli affetti, come se lo schermo di un IPad potesse darci il calore di un abbraccio.
Finchè saremo un paese industrializzato forse c'è speranza che i trasferimenti per lavoro siano solo affari di carriera, ma periodicamente al lavoro ci mostrano dei dati sulle aziende fallite in Italia da quando è iniziata la crisi: doce è finita la gente che lavorava in quelle realtà? come farà a pagare il mutuo, l'Imu, i libri per i figli che vanno a scuola.
Prima rinunceremo al benessere e in parte lo abbiamo già fatto: compriamo meno auto, viaggiamo meno, aspettiamo che sia davvero necessario cambiare un capo di abbigliamento prima di sostituirlo. Basterà? o come quelle aziende finiremo per cedere ai debiti e alzeremo bandiera bianca?
Se c'è una cosa che gli italiani hanno sempre dimostrato è che arrendersi non è un verbo molto amato, da nord a sud noi abbiamo rialzato la testa tutte le volte che è servito.
Terremoti, inondazioni, crisi politiche, crisi economiche. Chissà se riusciremo a voltare pagina, chissà se un giorno potremo di nuovo rappresentare un buon investimento per i capitali stranieri.
Vorrei restare nel mio paese. Ma aspetto le prossime elezioni politiche, spero che non mi diano un'ulteriore spinta ad andare.

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