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La musica, il sublime che salva

Quando sento un cantante oppure una persona comune dichiarare che la musica gli ha salvato la vita io gli credo. Uno così ha un'anima e anche profonda, se sa riconoscere che questo incredibile mondo che noi uomini abbiamo costruito è così parte di noi e allo stesso tempo così superiore a noi che può allontanarci da tutto ciò che di opprimente e pericoloso la vita ci può proporre. Chi non ha evitato di ascoltare un litigio dei genitori alzando al massimo il volume del walkman? Chi non si è caricato per un esame o una prova importante ascoltando un pezzo musicale? Tanti poi, dedicandosi alla musica, hanno rotto con la malavita, o con pessime amicizie e si sono dati un'opportunità, senza rinunciare ad essere se stessi. La musica ha accompagnato tutta la mia vita, dalle ninne nanne alle passioni adolescenziali, dal rock all'heavy metal, al blues e al jazz, dall'opera alla classica.
Ieri sera ho ascoltato Daniel Barenboim mentre suonava un concerto per pianoforte e orchestra di Mozart. A volte credo che se Mozart fosse vissuto 70 anni anziché 35 a quelli dopo di lui non sarebbe rimasto più niente da scrivere. Amare la musica è un privilegio, una fortuna immensa: chiudi gli occhi e sei in un altro mondo, ma non è lontano, è semplicemente più all'interno di te di tutto quello che ti circonda, è così vicino al tuo essere che lo culli come un bambino. Dimenticare per tre quarti d'ora cosa sono le pareti di un teatro è una magia che solo i grandi sanno regalare, ma a volte basta anche molto meno per sentirsi un po' meglio dopo un dolore o una delusione, ognuno di noi in fondo ha la sua musica, non esiste musica di serie A o di serie B se ci permette di volare oltre i nostri limiti e i nostri obblighi e sentirci a casa, da qualche parte, lì dove batte il nostro ritmo vitale.
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